Esperanto - istruzioni per l'uso: Pronomi personali mi: io, me; vi: tu, te, voi; li: egli, lui (di sesso maschile); sxi: ella, lei (di sesso femminile); gxi: esso (neutro, riferito a cosa o animale o anche a bambino piccolo di sesso non precisato); ni: noi; ili: essi, esse, loro; si: se' (riflessivo, riferito al soggetto della frase); oni: pronome impersonale, come 'on' francese o 'man' tedesco (es.: oni diras = si dice). Con l'aggiunta di -a si formano gli aggettivi possessivi: mia, via, lia, sxia, gxia, nia, ilia, sia. Esiste anche ci: tu (intimo), ma non si usa mai. In Esperanto si da' sempre del voi (vi, come l'inglese you). ******************************************************************************************** GLI ESPERANTISTI E LE ASSOCIAZIONI PER LA DIFESA DELLE LINGUE NAZIONALI: UNA SIMBIOSI NATURALE Discorso del Prof. Charles Durand al Congresso mondiale di Goteborg, Svezia Innanzi tutto voglio ringraziare Renato Corsetti, il presidente dell'Associazione Mondiale per l'Esperanto, per il fatto che mi ha invitato a partecipare a questo congresso e quindi ad avere la possibilita' di portare il mio modesto contributo al lavoro degli esperantisti. Al giorno d'oggi e' necessario rompere la barriera di silenzio imposta dai mezzi di comunicazione di massa e dalla oligarchia, da cui hanno ricevuto tale incarico. Gli esperantisti non solo promuovono l'Esperanto. Essi richiedono anche il diritto, che i popoli hanno per la loro dignita', di pensare e lavorare nelle proprie lingue, di vivere secondo le proprie culture, di essere se stessi completamente e senza intrusioni. Le associazioni esperantiste hanno molte cose in comune con altri gruppi, che sono sorti negli scorsi quindici anni in diverse parti del mondo e particolarmente in Europa. Questi gruppi si occupano della difesa di molte lingue nazionali, che la plutocrazia mondiale vorrebbe considerare semplicemente dialetti, ed il cui ruolo diverrebbe cosi' essenzialmente folcloristico. Ecco perche' l'alleanza tra gli esperantisti e le associazioni appena citate e' altamente auspicabile. Ritengo inoltre che esistano tutti i fattori necessari per fare di questa alleanza una vera simbiosi, che ci aiutera' molto piu' efficacemente a diffondere i nostri messaggi. Al giorno d'oggi gli esperantisti sono i soli a proporci una lingua veramente internazionale e acquisibile da tutti. Non voglio qui descrivere i vantaggi dell'Esperanto, poiche' voi tutti li conoscete molto meglio di me che ancora non parlo la vostra lingua. Tuttavia altri ci dicono, che la lingua materna di un gruppo, rappresentante non piu' del 6-7% della popolazione mondiale, e' la lingua universale, e questo ci crea un problema molto serio. Infatti, se una lingua nazionale e' proclamata 'universale', questo contemporaneamente sottintende che le altre non lo sono. Se una lingua possiede delle 'superiorita'' rispetto alle altre, cio' ovviamente evidenzia la inferiorita' delle altre. Questo viene definito 'duplice qualificazione', ed e' molto imbarazzante, poiche', se una lingua 'supera' le altre, i suoi parlanti ugualmente saranno considerati che lo si voglia o no 'superiori' ai parlanti delle altre lingue. Vorrei qui aprire una parentesi. Noi tutti sappiamo, che prima del 1960 esisteva negli USA una stretta divisione razziale basata sulla cosiddetta inferiorita' dei negri. In quel tempo inchieste approfondite avevano dimostrato che la maggior parte degli stessi negri pensavano allo stesso modo. Questo intreccio di opinioni e' sempre esistito tra colonizzatori e colonizzati, tra dominanti e dominati. Ora, noi constatiamo una simile situazione tra le persone di madre lingua nella cosiddetta lingua universale e gli altri. La quasi sistematica discriminazione che favorisce i madrelingua inglesi e' una conseguenza naturale della 'superiorita'' consentita alla lingua inglese, cosi' che in molte nazioni la lingua inglese e' formalmente riconosciuta come la sola lingua da usare ad esempio negli scambi internazionali tecnico-scientifici. Anche le procedure di assunzione discriminanti esistono soltanto per la convinzione - comune dei madrelingua inglesi e di quelli che non lo sono - della cosiddetta 'superiorita'' della lingua inglese. Questo colpevole accordo, tra quello che non e' altro che un gruppo dominante ed un gruppo dominato, sta producendo all'interno di tutte le organizzazioni internazionali - non obbligate a percentuali di assunzioni - disuguaglianze evidenti, che le tendenze attuali possono soltanto rafforzare. In Europa alcuni tentano di convincersi che la conoscenza dell'inglese e' divenuta indispensabile per le regole commerciali e per i bisogni di comunicazione a livello planetario. Mentre, come noi sappiamo, se gli scopi di questo studio fossero soltanto pragmatici, gli apostoli della intercomprensione universale dovrebbero rivolgersi all'Esperanto e non all'inglese! Non si puo' non constatare che l'inglese ha al giorno d'oggi nell'Europa continentale un ruolo analogo a quello svolto dal russo prima del 1990 nei paesi satelliti dell'Unione Sovietica e nelle repubbliche ad essa annesse. Il sociolinguista Luois-Jean Calvet ha sottolineato in quel processo delle tappe molto simili a quelle che si constatano attualmente nell'Europa occidentale per quanto riguarda la lingua inglese. L'inesistenza di una politica linguistica nelle repubbliche di madre lingua diversa dal russo ebbe come conseguenza l'acquisizione di un gran numero di vocaboli dal russo, soprattutto nelle sfere scientifica e tecnica. In tal modo, molto rapidamente le lingue locali si sono autoisolate in molti campi, mentre il russo si e' affinato nelle funzioni informative, ufficiali e scientifiche. Nel 1975 durante una conferenza avvenuta a Tashkent fu proposto l'insegnamento della lingua russa ovunque a partire dall'asilo, e successivamente nel 1979, durante un'altra conferenza a Tashkent avente come tema "La lingua russa: lingua di amicizia e di collaborazione dei popoli sovietici", fu suggerito di obbligare gli studenti a redigere i propri compiti in russo. Seguirono manifestazioni a Tibilisi (Georgia), Tallin (Estonia), piccole ribellioni negli altri paesi baltici, petizioni di intellettuali georgiani, ecc. Alcuni linguisti presero coscienza che la propria lingua si sarebbe dissolta nel russo. Accadde quindi un fenomeno di assorbimento voluto delle lingue sovietiche da parte della lingua russa, assolutamente non voluto dai popoli, ma al contrario dipendente completamente dalla potenza e dalla politica linguistica della Russia di fronte ai propri paesi satelliti. E' evidente, che nei paesi europei si sta svolgendo un processo analogo, e questo fa pensare, che la costruzione di un'Unione europea faciliti il rapido processo di satellitizzazione del vecchio continente nei confronti degli Stati Uniti d'America. In Unione Sovietica i prestiti dal russo diminuivano le differenze tra le lingue in favore del russo. Applicato allora in Unione Sovietica ed attualmente nell'Europa continentale, questa specie di imperialismo linguistico prende naturalmente diverse strade, influenzando contemporaneamente la politica scolastica ed universitaria, la pianificazione linguistica e i mezzi di comunicazione di massa. L'imperialismo linguistico non sarebbe troppo pericoloso, se non fosse la dimostrazione di un imperialismo crudo e semplice, e basta osservarlo per valutarne le implicazioni. In molti paesi i mezzi di comunicazione di massa immettono nelle lingue nazionali, in modo del tutto artificiale, centinaia di parole nuove angloamericane, che sostituiscono, in tal modo il vocabolario locale. Avviene cosi' per l'italiano, il tedesco, il francese, lo spagnolo, lo svedese. Nelle pubblicita' il senso di modernita', di cosiddetta 'alta' tecnologia, di mobilita', di scienza, di liberta', di efficacia, di successo professionale, di ricchezza e perfino di sport, e' espresso quasi sempre con termini angloamericani, che sostituiscono del tutto artificialmente i vocaboli delle lingue materne, che quindi vengono ferite. Questa inarrestabile intrusione crea nella popolazione un riflesso di Pavlov, che favorisce non soltanto lo studio della lingua inglese ma anche l'accettazione della grande superiorita' anglosassone dal punto di vista culturale, economico e politico da parte delle societa' nazionali, che soffrono di questa situazione. Rémi Kauffer, professore in una prestigiosa scuola di politologia ("Sciences Po") di Parigi, scrive nel suo libro intitolato "L'arma della disinformazione. La guerra delle compagnie internazionali contro l'Europa": "Imponendo i propri concetti, i propri vocabolari, le proprie visioni del mondo, gli Stati Uniti tentano di incatenare i propri rivali ad un modo di pensare creato per loro, in modo da imprigionarli ed impedire loro di uscirne. Imporre il proprio bagaglio etimologico significa vincere la prima battaglia. Da 'brainstorming' a 'war-game', da 'teenagers' a 'fast-food', da 'management' a 'benchmarking' gli americani sono avanti a tutti. Grazie a questa costante intrusione l'influenza angloamericana si puo' diffondere. A partire dalla élite di governo, dagli ambienti economici, fino agli eserciti 'avanzanti' delle media borghesia, penetrando nelle classi popolari. Una battaglia di parole, una battaglia di immagini. Per il fatto che l'americanizzazione dei termini e delle idee coesistono con l'americanizzazione dei consumi, questo fenomeno diventa uno dei mezzi di sostegno piu' efficace per l'intrusione delle ditte americane nei mercati in evoluzione. Quindi, anche se commerciale, qualsiasi guerra e' prima di tutto una guerra degli spiriti. Non e' nemmeno comparabile con la "blitzkrieg" (guerra lampo) psicologica pensata e diretta ad uno scopo specifico. La disinformazione al contrario causa un'azione continua attentamente orchestrata con grandi mezzi tecnici, finanziari, umani". Questa spiegazione e' quindi geografico-politica e conferma pienamente le parole di Zbigniew Brzezinski, quando afferma che "l'Europa e' diventata un protettorato americano". Le nostre cosiddette 'élite' non sono assolutamente coscienti, che chi possiede i vocaboli e la lingua possiede anche il pensiero, e che possedendo il pensiero altrui si possiede tutto il resto. Questa ignoranza e' generalizzata. Cosi' l'uso generalizzato dell'inglese, come definizione e mezzo di presentazione della scienza, da' ovviamente una piu' ampia visibilita' ai lavori scientifici dei popoli anglofoni, mentre mette al margine gli altri, tanto piu' in quanto i lavori vengono redatti in lingua inglese, e quindi essi devono immettervi i postulati anglofoni per quanto riguarda la forma ed il contenuto. Da questo ha origine la mimetizzazione o imitazione, che ha conseguenze catastrofiche, perche' guida secondo lo spirito della concorrenza a programmi, che non possono rispondere ad una logica veramente nuova. Per il fatto che sono effettivamente i paesi anglosassoni a definire le norme della 'buona scienza', e' ovvio che la scienza dei paesi anglosassoni si presenti come 'superiore' rispetto a quella degli altri paesi. Fino a quando i ricercatori scientifici stranieri, coscientemente o incoscientemente, si sentiranno inferiori, usando l'inglese per scrivere i propri elaborati, essi si mostreranno dei semplici mezzi di diffusione della ricerca scientifica angloamericana e non potranno valorizzare pienamente il proprio lavoro. Quindi, la conoscenza di una lingua che pretende di essere 'universale' permette un piu' alto livello di prosperita'? Sembra che il governo di Taiwan lo creda, considerando che hanno appena assunto mille insegnanti madrelingua inglesi per elevare il livello di conoscenza dell'inglese dei propri giovani. Tuttavia, quello che ho notato in occasione della conferenza del novembre 2002 in quel paese, se guardiamo agli stati vicini, vediamo che le Filippine, dove il livello di conoscenza della lingua inglese e' senz'altro il piu' alto della regione, sono la nazione piu' misera dell'Asia sudoccidentale dal punto di vista economico! Un'unica lingua riduce il numero di modi di dire e di punti di riferimento, e ignora le scuole di pensiero attive nelle altre lingue. Non e' possibile affidare ad altri il governo delle definizioni e delle rappresentazioni del sapere umano. Ecco perche' la lingua di comunicazione internazionale deve essere assolutamente non-nazionale, e l'Esperanto e' attualmente la sola lingua che possiede tal requisito. La mia battaglia e' una battaglia per la liberta' dello spirito, poiche' questa liberta' e' la condizione essenziale per tutte le altre liberta'. Io sono oggi con voi poiche' gli esperantisti fondamentalmente la pensano allo stesso modo. ******************************************************************************************** Cresce l'interesse della stampa per l'Esperanto Un momento, questo, particolarmente felice per l'Esperanto sulla stampa italiana, solitamente insensibile all'offerta esperantista presentata sempre al massimo come una passione di gioventu'. I principali opinionisti hanno sempre troncato frettolosamente il discorso o perche' convinti (o rassegnati) che ormai si parlera' solo inglese o perche' incredibilmente sicuri non vi sia tale pericolo. Tutti comunque molto scarsamente informati. A parte numerosi articoli che, pur trattando argomenti politico-linguistici, sono apparsi nelle pagine locali tra cui: - Il Tempo: In Europa c'e' troppo inglese; - Il Messaggero: La Comunita' europea penalizza i cittadini non di lingua inglese; - La Cronaca Locale: Il predominio angloamericano e l'imposizione dell'inglese; - Abruzzopress: Torna di moda l'Esperanto; - Il Centro: Un comitato teatino prepara nuove iniziative per contrastare discriminazione e imbarbarimento della comunicazione; tutti articoli in cui si caldeggia la soluzione Esperanto, tale tematica e' apparsa con l'estate anche nella grossa stampa. Sulle pagine nazionali si e' avuto il 15 luglio su La Stampa un articolo del Prof. Renato Corsetti de La Sapienza di Roma dal titolo : "Il sogno di un nuovo Esperanto", in cui commentando la recente scoperta sulle funzioni celebrali specifiche dell'area del Broca si sono puntualizzati alcuni aspetti di tale lingua. Nel numero di luglio de Il Mio Computer si e' scritto :"L'Esperanto e' una lingua nata per facilitare la comunicazione tra persone di paesi diversi" e si e' invitato ad impararlo senza grandi fatiche nel Kurso de Esperanto del brasiliano Pereira che e' stato allegato in CD-Rom. Ma il boom si e' avuto in occasione del recente congresso mondiale di Esperanto di Goteborg, che ha provocato una vera ondata di informazioni sull'incontro sia in pagine locali dei luoghi del delegati (solo a Chieti ben 7 articoli) sia in prestigiose riviste internazionali come Newsweek, che in un lungo articolo dal titolo "Torna di moda un idioma sviluppato da un idealista del 19°secolo" afferma tra l'altro: "L'Esperanto sembra una lingua perfetta per l'eta' moderna in cui libero scambio, immigrazione e Internet abbattono le barriere e attivisti, intellettuali e hobbisti di tutto il mondo possono comunicare come mai e' stato possibile". Di rimando nel supplemento de La Repubblica Il Venerdi', uscito a ferragosto, all'Esperanto si sono dedicate ben 4 pagine con un articolo che riproduce quanto scritto da Newsweek ma con il titolo. "Esperanto, la lingua che non c'era e' diventata no global" e pone in evidenza: "L'inventore si faceva chiamare Doktoro Esperanto . Ma l'idioma che doveva abbattere i confini non attecchi' mai. Anche perche' da Hitler a Saddam i tiranni l'hanno combattuto. Eppure, oggi e' rinato. Complice il web. E la riscossa di mezzo mondo che non ci sta a parlare solo l'americano". A corredo dell'articolo una decina di fotografie di scritte didattiche, di Zamenhof, ecc. In campo internazionale oltre al citato Newsweek ci e' capitato di leggere tra gli altri il lungo articolo "Esperanto ist eine Sprache des Friedens" (l'E. e' una lingua della pace) su Sindelfinger Zeitung; "Verstaendigung ohne Dolmetscher" (capirsi senza interpreti) su Mitteldeutscher Zeitung; "Zwei Tonnen Esperanto-Buecher" [due tonnellate di libri in Esperanto (venduti durante il congresso di Goteborg)] in Nordwest Zeitung; mentre nell'americano Commercial Times in un articolo di tecnologia informatica dal titolo "Internet Esperanto" si ripete la non approfondita versione dell'origine dell'Esperanto voluto per far cessare ogni odio tra gli uomini. DISVASTIGO www.disvastigo.it ******************************************************************************************** Cxina literaturo en la reto Cxina Radio Internacia auxdigas plurajn cxinajn novelojn kaj eseojn en Esperanto, po unu en cxiu semajno, kaj poste afisxas ilin en la reto. Oni povas trovi ligojn cxe http://esperanto.cri.com.cn/esperanto/64436.htm Inter diversaj diskutoj pri la cxina literaturo trovigxas (gxis hodiaux) 13 eseoj de Lusin, 7 noveloj de Guo Moruo, kaj po kvar noveloj de Mao Dun kaj Laoshe. Ligojn oni povas trovi ankaux cxe http://donh.best.vwh.net/Esperanto/Literaturo/literaturo.html kaj subaj pagxoj. Don HARLOW http://www.webcom.com/~donh/don/don.html ******************************************************************************************** Vola pug' numero 3 Jen jxus aperis la tria numero de la komiksa retgazeto Vola Pug' ! Nova numero cxiam plej bunta kaj ridiga, kun bildstrioj kaj skandaloj. Iru gxui gxin cxe la retadreso : www.volapug.net Nome de cxiuj ties redaktintoj, mi deziras al vi tre agrablan legadon de tiu nova numero. Hodos, cxefredaktoro de Vola Pug' (hodos@volapug.net)