Un'estate da leoni passata tra Citta' del Messico, il Chiapas, il Guatelamala e i Caraibi, con una marcia in piu': Il Pasporta Servo per trovare un letto ma soprattutto per conoscere davvero la vita di tutti i giorni di un paese. L'arrivo a Citta' del Messico in aereo e' un'emozione intensa, tanto piu' se avviene di notte: la citta' immensa, la piu' grande, si estende in un oceano di luci senza soluzione di continuita' per decine di interminabili minuti di volo. Ma ogni timore per la pessima fama della citta' e' mitigato dalla consapevolezza di essere attesi. Da mesi progettavamo il viaggio con Ana Luisa, la nostra ospite: via posta elettronica ci spedivamo domande e proposte ogni settimana, approfondivamo i dettagli del nostro soggiorno e ricevevamo consigli su cosa avremmo dovuto assolutamente vedere. All'aeroporto ci riconosciamo subito: un sorriso amico che ci accoglie dopo un viaggio di 20 ore e ci accompagna a casa, per l'agognato riposo. A Citta' del Messico conosciamo anche altri esperantisti, che fanno a gara per ospitarci o accompagnarci in giro: gli stranieri non sono frequentissimi e la nostra presenza e' per loro una gran festa. Progettiamo improbabili cene a base di pasta al forno a casa di tizio o pizze a casa di Caio, veniamo invitati in ristoranti tipici o in case private. La famiglia Najera e' composta da 13 fratelli: tutti esperantisti!! L'idea del padre era che per aumentare il numero degli esperantisti il modo migliore era farli. Ora tutti hanno una famiglia propria e continuano la tradizione. La cena a casa loro e' come una cena al Festival: decine di persone che crocodilano ma che, all'occasione, rispondono in perfetto esperanto. Dopo Meksik-urbo visitiamo Oaxaca: qui e' il turno di Leandro, un architetto 25-enne che ci porta nei locali per giovani della citta' e con il quale ci confrontiamo sul ruolo dell'occidente nella vita messicana. E sa', noi europei non possiamo proprio avere la coscienza tranquilla. L'effetto del nostro sfruttamento (e di quello statunitense) e' duplice: le coltivazioni e le produzioni non sono scelte in base ai bisogni locali ma in base ai capricci nostri (non si coltivano fagioli o mais, alimenti base, ma prodotti per l'occidente) e, secondo effetto, i prezzi sono imposti da noi. Morale della favola?? Un campesino lavora come un cane per produrre non cibo per la sua famiglia ma ananas o avocados per Francesco Amerio che, per ringraziarlo, lo paga con un tozzo di pane. Il nostro viaggio continua. Non sempre utilizziamo il Pasporta Servo, ma anche quando stiamo per i fatti nostri, e' bello sapere che, per ogni evenienza, abbiamo dei punti di riferimento. Al ritorno passiamo ancora da Citta' del Messico, dove ci viene piu' volte estorta l'insana promessa di tornare l'anno prossimo. Nel frattempo, nei prossimi mesi, Ana Luisa verra' in Italia e ci piacerebbe ricambiarla: speriamo di poter contare su di voi. Concludo consigliandovi, se non avete ancora deciso cosa fare nell'estate del 1999, di pensare all'opportunita' di visitare il Messico e gli esperantisti locali: farete un regalo a loro e a voi stessi. Francesco Amerio e Angela Trombetta < f.amerio@agora.stm.it >